Tradotta letteralmente Umeboshi significa “ume essiccato”; BO-SHI significa “secco” e UME è stata sempre tradotta come prugna, ma in realtà, “Prunus mume”, è una specie di albicocca. L’umeboshi viene raccolta verso fine maggio ancora acerbe e non possono essere consumate crude in questa fase, ma il trattamento che gli antichi hanno avuto l’intuito di realizzare, trasforma queste semplici albicocche in un alimento dalle importanti proprietà medicamentose.
La storia della sua preparazione
La pianta di ume¸in Giappone; comincia a fiorire verso la fine di febbraio o agli inizi di marzo, prima della fioritura dei ciliegi. Spesso c’è ancora la neve per terra. La vitalità nascosta dei fiori bianchi e delicati di quest’albero è stata uno dei soggetti preferiti nella poesia e nella pittura orientali. I fiori si trasformano poi in frutti, che a poco a poco crescono. Verso la fine di maggio c’è la raccolta dei frutti ancora verdi, quando cominciano appena ad ingiallirsi. Un solo albero produce diverse migliaia di prugne che, a quell’epoca, hanno un sopore estremamente acido.
Le prugne appena raccolte vengono prima lavate e poi fatte asciugare su stuoie di paglia di riso messe al sole. Le prugne vengono lasciate fuori anche la notte perché la rugiada che si forma le ammorbidisce. Il giorno successivo, il calore del sole, le torna ad asciugare, e la notte, la rugiada, le ammorbidisce di nuovo. Questo procedimento va avanti per parecchi giorni. Alla fine le prugne si saranno rimpicciolite e raggrinzite.
A questo punto le prugne vengono messe dentro a dei barili, assieme a del sale marino crudo, su cui vengono appoggiati dei pesi. Con l’azione continua del sale e della pressione, le prugne cominciano a rimpicciolirsi e a produrre del liquido (acidulato) che si raccoglie in fondo al barile.
Al momento di essere messe nei barili, alle prugne vengono aggiunte le foglie rosse, chiamate foglie di shiso. Le foglie appena colte vengono sfregato e arrotolate a mano per poter rompere la loro struttura cellulare, in questo modo, quando vengono poste fra le prugne nei barili, cedono immediatamente il proprio colore, che determina il colore rosato dell’umeboshi, oltre al caratteristico sapore.
Quando nei barili sono state messe le prugne, il sale e le foglie di shiso con i pesi sopra, questi vengono coperti e lasciati riposare per un periodo che va dai sei mesi a un anno, ma possono rimanere molto più a lungo, guadagnando in sapore. Esistono umeboshi di sei o sette anni e sono estremamente preziose sul piano medicamentoso. (racconto tratto da “Il libro dei rimedi macrobiotici” ed. Mediterranee”)
Molto interessanti, come abbiamo detto, le proprietà di questo alimento:
A partire dall’ultimo decennio degli anni novanta, sono stati avviati all’Istituto Nazionale Tumori di Milano una serie di progetti di ricerca denominati Diana (dieta e androgeni). Durante la mia esperienza in questo luogo, l’acidulato e la prugna umeboshi veniva utilizzata e consigliata per una serie di disturbi provocati dalla chemioterapia, come nausea, per afte, e per i grossi problemi intestinali e digestivi che provoca la chemioterapia
Interessante anche il suo contenuto nutrizionale:
Come utilizzarla
In cucina si possono preparare delle ottime salse, e suggerisco di utilizzare la purea di umeboshi, meno costosa anche se un po’ più saporita. Per i condimenti nelle verdure è possibile utilizzare l’acidulato di umeboshi, mentre la prugna è bene utilizzarla solo quando ne abbiamo necessità. Ecco un rimedio molto interessante:
Ume sho kuzu
Ingredienti
Sciogliere il kuzu, schiacciare la polpa di umeboshi, aggiungere due tazze di acqua e portare a bollore in un pentolino, e fate sobbollire fino a che il kuzu non diventi trasparente. Aggiungere il tamari e lo zenzero. Bere subito.
p.s. io preparo questo rimedio lasciando il nocciolo, naturalmente senza mangiarlo.
Questo rimedio viene usato per:
Per la nausea, potere mettere in bocca mezza prugna (se non conoscete il suo sapore, prendetene un pezzettino per volta), oppure mettere un un bicchiere un cucchiaino di acidulato di umeboshi e versare sopra due dita di tè bancha o kukicha; per infiammazioni orali, potete mettere un cucchiaio di acidulato di umeboshi in mezzo bicchiere di acqua e fare degli sciacqui.
Insomma, conoscere l’umeboshi si viene a conoscere una cultura e una tradizione veramente ricca di contenuti. Per quanto se ne scriva, non si può contenere in un foglio la sua storia.
[1] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29386480/
[2] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23924723/
[3] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31491438/
[4] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24945318/
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