“Non emerge un’ associazione tra gli attuali consumi di salumi della popolazione generale italiana e il tumore al colon-retto”. E’ questo il risultato di uno studio condotto dall’Universita’ di Milano, pubblicato su Nutrition and Cancer e presentato per la prima volta oggi in occasione del congresso Spazio Nutrizione, nell’ambito dell’ultima giornata di Tuttofood, la biennale dell’alimentazione alla Fiera di Milano. Lo studio dimostra inoltre che non emergono rilevanti differenze di associazione tra chi consuma una quantita’ giornaliera di salumi piu’ bassa (circa 15 g) e chi ne ha un consumo giornaliero superiore ai 25 grammi rispetto al rischio di sviluppare un tumore al colon retto.
La ricerca, partendo dall’evidenza che tra le principali cause di cancro, dopo il tabacco e l’alcol, figurano obesita’ e sovrappeso, cosi’ come fattori dietetici quali un’assunzione eccessiva e protratta nel tempo di alcuni alimenti e che la Dieta Mediterranea, proprio rispetto al rischio di tumori, e’ considerata un modello favorevole per eccellenza, si e’ posta la domanda di come configurare in quest’ottica il consumo di carni e salumi, posti sotto attenzione dalla recente classificazione IARC.
Lo studio multicentrico condotto in Italia sul tema, ha analizzato 3 studi-caso controllo, tutti italiani, condotti dal 1985 al 2010 su oltre 10.000 soggetti (3.745 casi e 6.804 controlli) per verificare l’associazione tra consumo quotidiano di salumi e il rischio di cancro del colon-retto.
“I salumi italiani – e’ stato sottolineato da uno degli autori della ricerca, Carlo La Vecchia, professore Ordinario di Statistica Medica ed Epidemiologia dell’Universita’ degli Studi di Milano e membro del Comitato Scientifico di IFMeD, International Foundation of Mediterranean Diet. – hanno una qualita’ e dei valori nutrizionali molto diversi dai prodotti del Nord Europa o America. Ma c’e’ un altro aspetto estremamente rilevante e cioe’ che i consumi italiani sono molto piu’ limitati: 2-3 porzioni di salumi a settimana (considerando porzioni da 50g) non comporta quindi alcun rischio apprezzabile a livello di salute pubblica”. (Fonte)
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