Attenzione alle diete “estreme” che fanno sempre più proseliti fra gli italiani. Sì con riserve alla dieta vegana e a quella vegetariana; pollice verso, invece, per la paleolitica (iper proteinica) e per la dieta chetonica (quella a bassissimo contenuto di carboidrati) che negli anni ’60 ha preso piede nella terapia dell’obesità (con l’introduzione della dieta Atkins) e più di recente è stata proposta anche come dieta per diabete, policistosi ovarica, acne e alcune forme tumorali. Ma per i diabetologi non ci sono elementi scientifici “di sicurezza”, soprattutto quando si tratta di pazienti diabetici o a rischio diabete.
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A stabilire il confine della “prescrivibilità” di un certo regime alimentare rispetto alla dieta mediterranea, che resta quella indiscussa e «regina» per la salute, arriva un documento della SID, la società italiana di diabetologia, che a Riccione in occasione del Congresso Nazionale Panorama Diabete mette in guardia da regimi alimentari sbilanciati. In particolare le dieta vegetariane e vegana, pur dimostrandosi carenti di alcuni nutrienti, si sono dimostrate efficaci nel contrastare alcuni fattori di rischio ma non possono essere ancora raccomandata al paziente diabetico, in attesa dei risultati di altri studi. Ancora più carenti le altre due diete: la paleolitica e la dieta chetonica.
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Oggi oltre il 7% degli italiani è diventato vegetariano e l’1% vegano. La dieta paleolitica continua a fare adepti e quella chetogenica attira con la promessa di dimagrire senza sentire fame. «Le evidenze scientifiche disponibili non consentono di valutare gli effetti a lungo termine delle diete vegetariana, vegana, chetogenica e paleolitica sul diabete tipo 2 e le sue complicanze – sottolinea Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia Sid – Viceversa la dieta mediterranea, basata sull’introiti di alimenti ricchi di fibre provenienti da ortaggi, frutta e cereali non raffinati e povera di grassi di origine animale, è stata ampiamente studiata dimostrando i suoi benefici sia sul controllo del diabete sia sul rischio cardiovascolare».
Secondo l’Unione Vegetariana Europea, l’Italia (insieme con la Germania) ha il più alto tasso di vegetarianismo nell’Unione Europea e che il trend è in aumento rispetto al 6.5 per cento nel 2014 e al 5.7 per cento nel 2015, raggiungendo il 7.1 per cento nel 2016. Dopo una revisione degli studi gli esperti della Sid concludono che, «nonostante i risultati degli studi finora disponibili siano consistenti nel mostrare gli effetti benefici della dieta vegetariana e vegana nella cura del diabete mellito tipo 2 e sul controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, prima di poter raccomandare queste diete come una valida e sicura alternativa alla dieta convenzionale, sono necessari ulteriori studi». La dieta vegana deve dunque essere supplementata con Calcio, Vitamina D e Vitamina B12 mentre nei vegetariani una dieta ben pianificata contenente verdura, frutta, cereali integrali, legumi, frutta a guscio e semi oleosi può essere adeguata dal punto di vista nutrizionale. (Fonte)
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