Da molto tempo lavoro per poter vedere dei cambiamenti nelle mense scolastiche, ma è veramente una grande difficoltà scardinare dei miti alimentari che non hanno più senso di esistere. Ho collaborato per molti anni con il Dr. Franco Berrino, con il quale avviammo un progetto proprio dedicato alle mense scolastiche e che sto cercando di portare avanti tutt’ora. Insieme siamo stati consulenti di Milano Ristorazione, e vorrei condividere con voi un articolo in relazione all’assunzione delle proteine nei bambini, scritto proprio per la municipalizzata milanese. Da oltre 20 anni alcuni (pochi) medici raccomandano (con scarso successo) di ridurre la dose di proteine animali nella dieta dei bambini, derivino esse dal latte, dagli omogeneizzati e liofilizzati di carne, dal prosciutto cotto, dai formaggini o dal parmigiano sulla pappa. Oggi le prove scientifiche che ne valga la pena sono molto solide e sono state ricordate sulla principale rivista americana di nutrizione clinica.
Elena Alquati
Traduciamo integralmente il documento pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition in Gennaio 2016 (Volume 103, pagine 303-4) a cura di Koletzko B, Demmelmair H, Grote V, Prell C e Weber M (Università di Monaco, Germania).
Un adeguato apporto di proteine e di aminoacidi essenziali è di fondamentale importanza per la normale crescita e il sano sviluppo dei bambini. Storicamente, la ricerca in nutrizione pediatrica si è evoluta preoccupandosi di prevenire e curare le carenze alimentari, per cui le raccomandazioni tendevano ad essere sbilanciate verso l’alto, con generosi margini di sicurezza addizionati alla stima del fabbisogno medio. Più recentemente, varie agenzie hanno abbassato i valori di riferimento per l’assunzione infantile di proteine. Per esempio le indicazioni dell’OMS del 2007 (1) circa il fabbisogno proteico della prima e seconda infanzia sono dell’8-25% più basse rispetto all’edizione precedente del 1985. L’OMS oggi raccomanda come dose sicura per tutti un’assunzione proteica di 1,43 g/100 kilocalorie (pari al 5,7% delle calorie totali) a un anno di età e 1,2 g/100 kcal (pari al 4,8% delle calorie totali) a due anni di età.
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Dobbiamo quindi preoccuparci se l’assunzione di proteine nell’infanzia è molto più alta di quella raccomandata? Nel 1995, Rolland-Cachera et al. (2) hanno per primi riscontrato, nei bambini francesi, una correlazione fra il consumo proteico all’età di 2 anni e l’indice di massa corporea (BMI) e la plicometria all’età di 8 anni, mentre non c’era nessuna correlazione con il consumo di grassi e di carboidrati. Successivamente, vari altri studi (3) hanno confermato la relazione fra il consumo infantile di proteine e il successivo rischio di sovrappeso o di obesità. L’ipotesi per spiegare questa relazione è che il consumo precoce elevato di proteine aumenti la concentrazione plasmatica di aminoacidi che stimolano la produzione di insulina e di IGF-1 (fattore di crescita insulinosimile di tipo I), che a loro volta causano aumento di peso e deposito di tessuto adiposo con il rischio di successiva obesità e di sviluppare malattie legate all’obesità (5,6).
L’ipotesi è stata confermata nei bambini che assumono una quantità di proteine marcatamente superiore al loro fabbisogno, come quella abitualmente presente nel corso dell’allattamento artificiale con latti in polvere. Tali eccessi proteici sono stati riscontrati associati a eccessivo aumento di peso in più studi. In una grande sperimentazione controllata randomizzata la riduzione del contenuto proteico nella formula del latte artificiale dall’ 11,7% al 7,1% del contenuto calorico, cioè a una concentrazione simile a quella del latte umano (tipicamente del 5-6%), e del latte di proseguimento da 17,6% a 8,8% delle calorie, ha normalizzato la crescita fino a 2 anni di età con valori simili a quelli che si osservano nei bambini allattati al seno (7). Tale riduzione delle proteine nella dieta ridusse la concentrazione plasmatica di aminoacidi essenziali, di insulina e di IGF-1, aumentò l’ossidazione di acidi grassi (8,9) e ridusse la prevalenza di obesità all’età di 6 anni, con un rischio relativo di obesità in età scolare pari a 0,35 (con limiti di confidenza al 95% 0,15-0,82; P = 0.016) (10). Migliorare la nutrizione infantile precoce è uno strumento di prevenzione dell’obesità in età più avanzate molto più potente di altre strategie attuabili nell’infanzia (11).
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La questione se anche un’assunzione elevata di proteine nella seconda infanzia abbia simili conseguenze avverse è stata esaminata da Pimpin et al. (12) in questo stesso numero dell’American Journal of Clinical Nutrition. In una corte di 2154 bambini britannici il consumo di proteine all’età di 21 mesi è risultato associato al peso e al BMI fino all’età di 5 anni, ma non con l’altezza. Al contrario il consumo di grassi e carboidrati al posto delle proteine è risultato associato a un peso corporeo e a un BMI inferiore. Il terzo, quarto e quinto quintile di consumo (15,8%, 16,9% e 18,9% delle calorie fornite da proteine) inducevano un maggior aumento di peso rispetto al quintile inferiore (12,6% delle calorie). Questi risultati confermano quelli di vari studi precedenti di dimensione molto più piccola (citati in 12). Pimpin et al. concludono che consumi proteici superiori al 15% delle calorie durante i primi due anni di vita sono un fattore di rischio per l’aumento di peso successivo. Lo studio, tuttavia, non includendo un gruppo di bambini con consumo proteico medio inferiore al 12,6%, non poteva rispondere al quesito se consumi più bassi conferiscano un ulteriore beneficio.
I dati disponibili indicano che un consumo proteico elevato anche dopo il primo anno di vita aumenti il rischio di obesità e delle patologie associate all’obesità. Uno studio precedente aveva riscontrato un maggior aumento di rischio con il consumo di proteine animali, in particolare con le proteine del latte, rispetto al consumo di proteine vegetali (13). Sarebbe importante confermare questi dati e stabilire precise soglie di rischio con sperimentazioni cliniche di dimensione adeguata. Ciononostante, l’informazione già disponibile ci consente di concludere che sia prudente evitare che i bambini consumino quantità eccessive di proteine animali, sia che si tratti di latte o di altri cibi, perché un consumo superiore al fabbisogno non ha benefici noti mentre è possibile che conferisca un rischio.
Una recente analisi del consumo proteico dei bambini di 19 paesi e di età compresa fra 12 e 36 mesi ha riscontrato consumi molto superiori al fabbisogno sia in popolazioni ad alto, medio e basso reddito. In molti bambini il principale alimento proteico è il latte bovino, che fornisce 5,4 grammi di proteine per ogni 100 kcal (21,6% delle calorie totali). La semplice limitazione del consumo di latte a non più di 1-2 bicchieri al dì (200-400 mL al dì), o la sostituzione del latte vaccino con un latte artificiale a basso contenuto proteico, contribuirebbe ad evitare l’eccessivo consumo di proteine animali, ma oggi in tutto il mondo molti latti di proseguimento sono ancora troppo ricchi di proteine: il Codex Alimentarius stabilisce infatti che lo standard per bambini fra 6 e 36 mesi sia di 3-5,5 g/100 kcal (12-22% delle calorie) (16). Allo scopo di proteggere la salute dei bambini è tempo di rivedere questo standard e allinearlo con le raccomandazioni basate sulle conoscenze scientifiche attuali.
BK è membro del Comitato Nazionale per l’Allattamento al Seno. Nessuno degli autori ha riferito conflitti di interesse.
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Bibliografia
Traduzione dr. Franco Berrino già Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva, dell’Istituto Nazionale dei tumori di Milano.
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