Cosa pensa davvero l’ONU di parmigiano, olio d’oliva e prosciutto

Ancora un caso di disinformazione e allarmismo che riguarda l’agroalimentare italiano: stavolta nel mirino sono finiti i capisaldi dell’alimentazione mediterranea, come parmigiano, olio d’oliva, prosciutto e altre eccellenze italiane notoriamente conosciute per le altissime proprietà nutrizionali e salutistiche. Ma è vero che l’ONU ha messo sotto accusa questi alimenti? Vediamo cosa è successo esattamente e facciamo chiarezza in questa polemica senza fine.

Negli ultimi giorni hanno suscitato scalpore le dichiarazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’agenzia dell’ONU che si occupa di salute, in merito alla campagna di prevenzione contro le malattie cardiovascolari, diabete e tumori attraverso una corretta alimentazione, che prevederebbe un bollino rosso a cibi come parmigiano, prosciutto e olio, per il loro contenuto di grassi saturi e sale. Ma come con l’allarme OMS di quasi tre anni fa riguardo a carne rossa e salumi, anche in questo caso non è mancato il paragone completamente fuori luogo con l’alcol e il fumo. Anche stavolta le dichiarazioni ufficiali sono state completamente fraintese e siamo di fronte ad un altro esempio di disinformazione giornalistica.

Infatti non è assolutamente vero che l’ONU ha bocciato questi alimenti, né starebbe pensando a tassazioni o etichette raccapriccianti come quelle che si trovano sulle confezioni delle sigarette. La stessa OMS ha smentito la notizia che è stata riportata da varie testate con titoli sensazionalistici ed enfasi mediatica, che non trova nella realtà nessun tipo di fondamento.

Il 27 settembre prossimo, in vista di un’assemblea dell’ONU a New York sulle malattie non trasmissibili, nessuno metterà sotto accusa i nobili alimenti della tradizione mediterranea. Il documento originale che ha dato luogo alla polemica, in realtà consiglia ai governi di collaborare con i produttori di «bevande non alcoliche e alimenti» per quanto riguarda «l’etichettatura e la regolamentazione della commercializzazione» di quei prodotti: pertanto i governi dovrebbero «limitare la commercializzazione di prodotti non salutari ai bambini, cioè quelli contenenti una quantità eccessiva di zuccheri, sale, grassi saturi e trans».

La commissione dell’OMS specifica che «dovrebbero essere presi in considerazione incentivi e disincentivi fiscali per incoraggiare stili di vita salutari, promuovendo il consumo di prodotti sani e limitando la commercializzazione, la disponibilità e il consumo di prodotti non salutari». In una nota, poi, si fa presente la possibilità di migliorare le indicazioni sulle etichette per indicare la quantità di sale nei prodotti, ma assolutamente nel documento non si paragona nessun alimento al fumo, né si menzionano le eccellenze italiane indicate nei titoloni ad effetto apparsi negli ultimi giorni

Insomma nessuna guerra all’agroalimentare italiano, anche se il problema dell’etichettatura a semaforo adottata in Gran Bretagna e Francia resta, perché con questo sistema semplicistico si darebbe il verde a prodotti insalubri, come le bibite light gassate ricche di aspartame, che otterrebbero il via libera solo perché dietetici e poveri di zuccheri, mentre bollerebbe di rosso e penalizzerebbe cibi naturali della tradizione mediterranea, grazie ai quali siamo tra i più sani e longevi al mondo, e questo è sbagliato perché si dovrebbe tenere conto della loro composizione nutritiva complessiva, della loro qualità e del loro ruolo e impatto in una dieta varia ed equilibrata.

Insomma i migliori prodotti che rappresentano la nostra identità alimentare per il momento sono salvi, ma resta da capire che tipo di etichettatura verrà proposta per migliorare l’informazione e la consapevolezza dei consumatori per il contrasto delle malattie non trasmissibili causate o aggravate da un’alimentazione eccessiva o scorretta.

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