Mondo, un terzo dei decessi è dovuto a malattie cardiovascolari

Le malattie cardiovascolari sono responsabili di un terzo di tutti i decessi che si verificano ogni anno nel mondo. La stima arriva dalle pagine del Journal of the American College of Cardiology (Jacc), sulle quali Gregory Roth e colleghi hanno pubblicato i risultati dell’analisi della mortalità associata a questa patologie fra il 1990 e il 2015.

Lo studio si è basato sui dati del Global Burden of Disease (Gbd), un consorzio internazionale formato da più di 2.300 ricercatori in 133 nazioni. Ne è emerso che nel periodo analizzato la mortalità per malattie cardiovascolari è diminuita in tutti i paesi ad alto reddito, ma che il numero globale di decessi imputabili a queste problematiche è aumentato, passando dai 13 milioni del 1990 ai 17,92 milioni del 2015. In quest’ultimo anno le cardiopatie ischemiche si sono aggiudicate il triste primato di causa principale di decesso nel mondo; l’ictus e l’ictus ischemico sono invece risultate essere, rispettivamente, il secondo e il terzo fattore cardiovascolare in grado di compromettere la salute esponendo al rischio di disabilità e morte prematura. Ma le analisi hanno incluso anche altri problemi cardiovascolari, come la cardiopatia ipertensiva, la cardiomiopatia, l’aneurisma aortico e la fibrillazione atriale.

La frequenza di queste patologie varia molto a seconda dell’area del mondo considerata. Nel 2015 l’Italia si è collocata nel gruppo dei paesi in cui la loro prevalenza è minore, insieme a Singapore, Giappone, Corea del Sud, Cile, Argentina, Uruguay, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Irlanda, Cipro, Malta, Grecia e Israele; fra le nazioni a prevalenza maggiore sono invece inclusi la maggior parte dei paesi dell’Africa Occidentale, il Marocco, l’Iran, l’Oman, lo Zambia, il Mozambico e il Madagascar.

Il panorama osservato, spiega Roth, è “dominato da malattie vascolari aterosclerotiche come la cardiopatia ischemica e l’ictus”, la cui mortalità sembra ridursi rapidamente solo nei paesi ad elevato livello di sviluppo. Ad allarmare il ricercatore è, in particolare, l’interruzione della tendenza alla riduzione delle malattie cardiovascolari osservata in passato nei paesi ad alto reddito. Gli altri autori concordi, dichiarandosi preoccupati per il fatto che, nonostante i forti avanzamenti nelle capacità tecniche di prevenire e trattare le malattie cardiovascolari, in molte regioni del mondo non si assista più a significative riduzioni nella mortalità per malattie vascolari aterosclerotiche. “Nell’insieme – conclude Roth – questi risultati dimostrano l’importanza di un aumento degli investimenti nella prevenzione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari in tutte le regioni del mondo”.

“Questi risultati – commenta invece in un editoriale associato alla pubblicazione Dariush Mozaffarian, esperto della Tufts University di Medford, negli Stati Uniti – confermano che la transizione epidemiologica dalle malattie infettive e materno-infantili verso patologie croniche non trasmissibili è già avvenuta a livello mondiale, una realtà che deve far riflettere nel momento in cui i paesi in tutto il mondo valutano le loro priorità per i servizi sanitari, la prevenzione della salute pubblica e la crescita economica”. Secondo l’esperto è fondamentale agire sulle politiche mirate al miglioramento dello stile di vita, soprattutto sulla lotta al fumo, a un’alimentazione inadeguata e all’inattività fisica. (Fonte)

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